Per fornire una risposta a questo quesito occorre innanzitutto esaminare la normativa che disciplina la materia. L’articolo 315 bis del Codice Civile recita testualmente: “Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.”
Dunque, in virtù di quanto è stato stabilito dal Legislatore nel nostro Codice Civile, entrambi i genitori hanno l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni. A tali obblighi si aggiungono peraltro quelli, per ciascun genitore, di tutelare la crescita e lo sviluppo dei propri figli, siano essi nati in costanza di matrimonio, siano essi nati al di fuori del rapporto di matrimonio. Cosa succede, quindi, nel caso uno dei due genitori non lo faccia??
Non vi è dubbio che il prolungato disinteresse nei confronti del figlio naturale integra la violazione dei menzionati obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, andando inoltre a determinare la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli artt. 2 e 30 della Costituzione - oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento - un elevato grado di riconoscimento e tutela. La condotta del genitore che viola gli obblighi genitoriali è suscettibile, quindi, di integrare gli estremi dell’illecito civile, e più precisamente, di quello che è definito il c.d. “illecito endofamiliare”, e legittima l’esercizio ai sensi dell’art. 2059 c.c. di un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole (cfr. Cass. VI, n. 3079/2015). In virtù di quanto è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione, l’illecito endofamiliare si concretizza sia nell’inosservanza dell’obbligo economico di mantenimento (violazione che può dare luogo ad un danno patrimoniale da “perdita di chance” di raggiungere una posizione decorosa nell'ambiente sociale e lavorativo), sia nell’effettiva assenza di un rapporto affettivo con i genitori (danno non patrimoniale derivante dal mancato apporto da parte di entrambi i genitori alla cura, protezione ed educazione del figlio).
In particolare, è ritenuto un comportamento indicatore di responsabilità genitoriale, l’avere deprivato il figlio della figura genitoriale che costituisce un fondamentale punto di riferimento, soprattutto nella fase della crescita, costituendo tale deprivazione un fatto generatore di responsabilità aquiliana.
Pertanto, ove l’assenza del genitore nella vita del figlio abbia determinato un vulnus a quei diritti che scaturiscono dal rapporto di filiazione, quest’ultimo, potrà agire in giudizio al fine di vedersi riconosciuto il risarcimento del danno patito in conseguenza della condotta illecita posta dal genitore, poiché l’assenza della figura genitoriale (sia essa materna o paterna), incide negativamente sull’intero processo di sviluppo e di maturazione psicologica della personalità dell’individuo: non solo da un punto di vista morale, di educazione, di formazione del carattere e della personalità, dell’equilibrio e della stabilità emotiva, ma pure, in modo particolare, nelle scelte di vita dei figli che possono risultare negativamente condizionate.
Roma, 29.11.2021